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CORONAVIRUS: “AGGIORNAMENTO” SULL’ASSETTO SANZIONATORIO ALLA LUCE DEL D.L. 25 MARZO 2020 N. 19.

dell’avv. Angelo Leone


Con l’approvazione del decreto - legge 25 marzo 2020, n. 19 ( “Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19”), frutto della volontà governativa di chiarire, uniformare e semplificare la sequela di provvedimenti intervenuti nelle scorse settimane per fronteggiare la drammatica situazione emergenziale dovuta al virus COVID - 19, si è assistito, ad una nuova modifica dell’assetto sanzionatorio relativo alla violazione delle cosiddette norme di distanziamento sociale.

A tal fine si è provveduto ad abrogare il precedente d.l. 23 febbraio 2020, n.6, il quale prevedeva, per le persone non contagiate o sottoposte alla quarantena preventiva, ai sensi dell’art. 3, comma 4, in caso di trasgressione delle misure restrittive imposte, l’incriminazione per il reato contravvenzionale ex art. 650 c.p., procedibile d’ufficio, e punito con la pena dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro, prevedendo ex art. 4, comma 1, per tali condotte, diversamente, un illecito amministrativo perseguito con il pagamento di una somma di denaro da euro 400 a euro 3.000 che raddoppiano in caso di reiterazione della “medesima disposizione”, nonché l’aumento fino ad un terzo, quale circostanza aggravante, laddove la violazione sia posta in essere mediante l’utilizzo di un veicolo.

Inoltre sempre l’art. 4, comma 3, prevede la possibilità di pagare la sanzione comminata in misura ridotta come disciplinato dal codice della strada all’art. 202: ridotta del 30% del minimo edittale laddove si saldi entro 5 giorni dalla notifica dell’ingiunzione di pagamento ad opera del Prefetto competente o dalla contestazione, oppure nella sola misura minima di 400 euro, laddove si paghi entro 60 giorni.

Mentre nel caso specifico in cui un esercente attività commerciale, professionale o d’impresa, violi le norme di contenimento a lui prescritte dall’art. 1, accanto alla suddetta sanzione pecuniaria, è prevista altresì quella accessoria della chiusura dell’attività da 5 a 30 giorni, fissata nella misura massima laddove si reiteri l’illecito.

Per quanto riguarda il limite temporale del d.l. n.19/2020, ossia le sorti delle violazioni commesse anteriormente, oltre 100.000, il legislatore, all’art. 4 comma 8, ha previsto l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative nella misura minima ridotta alla metà, ossia 200 euro. Una clausola, quest’ultima, necessaria per garantire da un lato, che l’abolizione del precetto penale nonché l’introduzione posteriore al fatto della sanzione amministrativa non lasciasse impuniti i trasgressori, dall’altro, che si comminasse una sanzione congrua in ossequio al principio di irretroattività delle norme successive sfavorevoli all’agente, cioè meno afflittiva rispetto alla pena pecuniaria prevista ex art. 650 c.p., dalla legge del tempo in cui fu commesso il fatto.

Ne consegue che, nel caso in cui sia già stato emesso un provvedimento divenuto irrevocabile, il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 673 c.p.p, revoca la condanna.

Invece, in relazione ai procedimenti pendenti, o il Pubblico Ministero, nel caso in cui non abbia ancora esercitato l’azione penale, o il Giudice, a seguito della sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione, trasmetterà gli atti all’Autorità Amministrativa competente la quale applicherà la sanzione.

Diversa è la situazione per coloro i quali, positivi al virus COVID - 19, violino la quarantena obbligatoria. In tali ipotesi, “salvo che il fatto costituisca violazione dell'articolo 452 del codice penale o comunque più grave reato” il legislatore ha riconosciuto un autonomo ed ingente disvalore alla condotta di latitanza, profilando, ex art. 4, comma 6 e 7, l’incriminazione per un nuovo reato contravvenzionale. Una scelta politico-criminale che, sebbene nasca dal rinvio quod poenam alla contravvenzione prevista dall’art. 260 del regio decreto n. 1265 in materia sanitaria del 1934, punisce la condotta più severamente di quest’ultima, con l’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5000 euro, in relazione alla nuova gravità del fatto. Una fattispecie che, si noti bene, potrà essere integrata con il semplice allontanamento dal luogo di isolamento senza la necessità che il giudice vagli l’effettività della pericolosità della condotta tenuta dalla persona contagiata.

E’ utile precisare, altresì, che, nel rispetto della clausola contenuta nell’art. 4, comma 1, “salvo che il fatto costituisca reato”, è esclusa la possibilità che l’illecito amministrativo di cui sopra possa concorrere con il reato de quo.

Da ultimo, oltre alle sanzioni appena illustrate, permane l’applicabilità del delitto di epidemia colposa ex art. 452 c.p sulla cui imputazione permangono le riserve già evidenziate nell’articolo già pubblicato il 12 marzo.


Continuiamo comunque ad auspicare che, al di là della deterrenza di sanzioni più o meno afflittive, sia il buon senso e l’etica di comune appartenenza ad imporre il rispetto delle misure previste a tutela della nostra salute.

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