top of page
Cerca
Immagine del redattoreStudio Leone

Limitazioni delle libertà Costituzionalmente garantite al tempo del "coronavirus"

dell'avv. Angelo Leone


Per fronteggiare e contenere l’attuale emergenza epidemiologica, dovuta al diffondersi del virus COVID - 19, lo Stato ha adottato rigide prescrizioni, contenute nel DPCM del 9 marzo 2020, limitando alcune libertà individuali costituzionalmente riconosciute.

Ciò per salvaguardare l’incolumità e la salute pubblica - garantite dall’art. 32, comma 1 della Costituzione - le quali, a fronte di un bilanciamento, evidentemente prevalgono sulle facoltà e sui diritti individuali.

E’ sulla base di questo indefettibile principio che il predetto provvedimento, attuando il Decreto Legge 23 febbraio n. 6, ha limitato le libertà dei singoli cittadini in tutta la penisola prospettando importanti sanzioni laddove non si rispettino i vincoli.


Brevi cenni sulle contestazioni e sulle relative sanzioni


Il mancato rispetto delle limitazioni espone innanzitutto alla violazione ex articolo 650 del codice penale, esplicitamente richiamata dall'art. 3 comma 4 del Decreto Legge 23 febbraio 2020 n.6.

La predetta contravvenzione, “inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”, è una norma in bianco ed a carattere sussidiario, che interviene quando il fatto non sia previsto come reato da una norma specifica, e punisce chiunque non si attenga ad un provvedimento legalmente adottato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d’igiene, con la pena dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro.

Ai fini della configurabilità, in quanto reato contravvenzionale, non necessita che la condotta omissiva sia motivata da una specifica volontà di sottrarsi ai dovuti adempimenti, essendo al contrario, sufficiente anche un atteggiamento negativo dovuto a colpa.

Di conseguenza, chiunque dovesse trasgredire le misure restrittive imposte, senza giustificato motivo tra quelli espressamente previsti e prima richiamati, è potenzialmente destinatario della contravvenzione de quo.

Ma non è l’unica potenziale conseguenza in caso di trasgressione.

Data la stringente necessità di ricorrere a misure ancora più rigide ed attuare con profitto il protocollo contenitivo del virus, il Ministro dell’Interno ha impartito direttive ai Prefetti, preposti ad assicurare l’esecuzione delle misure, affinché procedano nei confronti dei trasgressori anche per i delitti ex art. 452 e 495 c.p.

Art. 452 c.p. "delitto di epidemia colposa" che, ove la trasgressione dia luogo ad un contagio, punisce il responsabile con la reclusione da 1 fino a 5 anni.

In merito a quest'ultima contestazione bisogna però precisare che, malgrado sia comprensibile la volontà/necessità statale di rendere ancora più stringenti le misure, questa imputazione, a fronte dell’interpretazione giurisprudenziale consolidata, risulterebbe quantomeno "innovativa".

La giurisprudenza difatti, aderendo ad un’esegesi restrittiva, ha chiarito come non possa rispondere del reato di epidemia colposa colui che, sapendosi affetto da un male contagioso, circoli liberamente entrando in contatto con altri, pur prevedendo che potrà infettarli.

Ciò in ragione del fatto che, a fronte del contagio subito, la malattia per l'individuo è già una delle conseguenze di un evento di diffusione dei germi patogeni nel territorio.

In questa prospettiva, a nostro avviso, non può dirsi integrato il delitto ex art. 452 c.p. nel caso in cui un individuo infetto causi un focolaio e/o contagi un ristretto numero di persone.

Ciò, però, non rende esente da responsabilità chi, sapendo di essere positivo al Coronavirus, scelga di eludere volontariamente, ad esempio, un periodo di quarantena.

Ipotesi in cui si incorrerà nell’imputazione ex art. 650 c.p. o una contestazione per lesioni volontarie od omicidio se a seguito del contagio derivi la morte altrui.

Se, come detto, resta incerta l’applicabilità dell’art. 452 c.p., senza una moderna interpretazione figlia della vigente situazione emergenziale, è indubbio, invece, il rischio derivante per un’imputazione ex art. 495 c.p. “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”.

E’, infatti, previsto, nelle direttive impartite dal Ministro dell’Interno, che, in occasione dei controlli effettuati all’interno del territorio nazionale, il cittadino in transito all’interno della zona "protetta", ovvero al suo esterno, compili un’autocertificazione attestante le ragioni dello spostamento in conformità a quelle ritenute legittime nel decreto, ossia esigenze lavorative, di necessità o di salute. Laddove il cittadino dichiari il falso, la dichiarazione mendace fornita costerebbe la reclusione da 1 a 6 anni.

Questo contributo spero possa essere un ulteriore deterrente a restare in casa o, comunque, a limitare gli scambi sociali qualora a scuotere le coscienze, non dovesse bastare la tragica saturazione dei centri rianimazione ospedalieri.




“Chi fa il bene a un altro fa del bene anche a se stesso.”

(Lucio Anneo Seneca)




114 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page